Intervento dell'Assesore per la Pari Opportunità della Città di Torino Mariacristina Spinosa nella giornata di apertura dei lavori 27 ottobre 2011
Spettabili Autorità, care delegate, cari delegati,
E' davvero un grande onore per me potervi dare il benvenuto a nome della Città di Torino a questa XV Conferenza di ILGA Europe. Si tratta di un evento che questa città ha fortissimamente voluto e di cui va particolarmente orgogliosa. Il fatto che centinaia di donne e uomini attivisti lgbt da tutti i paesi europei si siano dati appuntamento a Torino per fare il punto sulla situazione dei diritti in Europa ci riempie di orgoglio e ci affida la responsabilità di aiutarvi a fare in modo che da questi lavori possano emergere spunti interessanti e decisivi per rilanciare con ancora maggior forza nei prossimi mesi la battaglia sui diritti in Europa.
Come dice il bel titolo di questa Conferenza, "Human rights and traditional values: chash or dialogue?", scontro o dialogo?
L'Italia che vi ospita, così come l'avete e l'abbiamo conosciuta negli ultimi anni, rappresenta ormai purtroppo in Europa la "Capitale del Clash", dello scontro. Negli ultimi 20 anni la classe dirigente del nostro Paese non ha saputo varare alcun tipo di riforma a favore del riconoscimento dei diritti delle persone lgbt. Ogni qual volta che nel Parlamento italiano sono arrivate proposte che andavano in questa direzione, dalle proposte sul riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, al matrimonio, alle leggi sull'omogenitorialità o a quelle contro i crimini omofobici, è stato eretto un muro invalicabile di scontro ideologico nell'opinione pubblica.
Quasi che allargare la sfera dei diritti, costruire una nuova e più moderna idea di uguaglianza potesse compromettere le cosiddette "radici valoriali" di questa società. Questo modo di pensare è, a mio modo di vedere, assurdo e provoca alla nostra società danni seri.
Una società chiusa in se stessa è una società che non cresce. Una società che esclude una parte dei suoi cittadini dal beneficio di diritti fondamentali è una società ipocrita e crudele. È la stessa idea di Europa, così come abbiamo imparato a conoscerla e ad amarla negli ultimi decenni, a soffrire sotto i colpi di questo integralismo miope. L'Europa dell'uguaglianza tra tutti i suoi cittadini, l'Europa che lotta contro ogni discriminazione, l'Europa che sa accogliere al proprio interno ogni differenza trasformandola in valore.
L'Europa che all'art. 21 della sua Carta dei Diritti Fondamentali afferma che "Any discrimination based on any ground such as sex, race, colour, ethnic or social origin, genetic features, language, religion or belief, political or any other opinion, membership of a national minority, property, birth, disability, age or sexual orientation shall be prohibited".
Sappiamo bene che non è purtroppo soltanto l'Italia, ormai, ad essere patria dell'integralismo in questo continente. Troppi sono, infatti, i Paesi europei in cui ancora è difficile affermare un'idea di uguaglianza compiuta e il rischio è che la spinta propulsiva data negli anni passati da un'Europa che si poneva come motore del cambiamento e della liberazione dei popoli si stia arenando sotto i colpi di una crisi che spinge gli stati a chiudersi in se stessi.
Bisogna far ripartire quella spinta propulsiva, bisogna che sappiamo far tornare l'Europa protagonista del cambiamento, bisogna ricostruire la definizione di una cittadinanza europea che includa e non escluda. E per farlo non basta che arrivino le spinte dall'alto, serve che anche dal basso ci facciamo sentire. Serve che ciascuno faccia la propria parte per costruire percorsi di dialogo e di confronto, che facciano arretrare il pregiudizio e le discriminazioni e che affermino con forza l'idea di una società aperta, plurale ed inclusiva.
È quello che la Città di Torino ha provato a fare in questi anni. Anche a partire dalla sfida per le Olimpiadi invernali del 2006, Torino ha saputo mettersi in gioco, trasformarsi, aprirsi, diventare una città più internazionale. Abbiamo lavorato per costruire iniziative solide di integrazione delle decine di migliaia di cittadini stranieri che hanno scelto di venire a vivere e a lavorare in questa città, abbiamo lavorato con tenacia e convinzione sul dialogo multiculturale, sull'educazione delle giovani generazioni. Ed anche sul fronte del rispetto dei diritti lgbt abbiamo saputo, negli ultimi 10 anni, costruire iniziative importanti ed innovative sullo scenario nazionale italiano, non a caso prese a modello da altre amministrazioni.
È di ormai oltre 10 anni fa la delibera che istituì nel febbraio 2001 il primo Servizio comunale in Italia per il superamento delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere. E col nostro Servizio LGBT, in un dialogo fitto e fecondo con le tante associazioni lgbt del nostro territorio, abbiamo saputo creare iniziative importanti, abbiamo offerto alla nostra città innumerevoli occasioni di confronto e di scambio culturale, iniziative di educazione al dialogo e al rispetto nei confronti della vostra comunità.
E non a caso il nostro Servizio comunale rappresenta la punta di diamante di un impegno anche nazionale su questi temi, che portiamo avanti all'interno della Rete RE.A.DY, la rete nazionale degli enti locali per il contrasto alle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, di cui da alcuni anni gestiamo la segreteria nazionale. Perché le buone pratiche portate avanti sui territori possano diventare un esempio da seguire anche a livello nazionale.
Da oltre 25 anni la nostra città ospita il Torino GLBT Film Festival, uno dei Festival cinematografici su questa tematica più grandi e prestigiosi al mondo e motivo d'orgoglio per il "sistema cinema" torinese. Un Festival che ogni anno accoglie ospiti e pellicole da tutto il mondo e contribuisce attraverso la diffusione di film e documentari alla battaglia per i diritti lgbt nel mondo e per l'affermazione di una cultura dei diritti.
Il nostro Consiglio Comunale ha poi approvato poco più di un anno fa, il 28 giugno del 2010, una delibera, in base alla quale gli uffici comunali possono rilasciare, a richiesta degli interessati, un attestato di famiglia anagrafica basata su vincoli affettivi anche per le coppie omosessuali conviventi. Non è certo la legge che servirebbe per riconoscere i diritti delle coppie omosessuali, ma è quanto il Comune può fare con le proprie competenze per non girare lo sguardo dall'altra parte di fronte a una realtà, quella delle coppie omosessuali conviventi, che è ormai ben presente e visibile nella nostra società.
Torino è poi la città che ha visto la nascita del primo movimento omosessuale del nostro paese, il F.U.O.R.I. ed è anche una delle prime città in cui sono nati i primi gruppi di gay credenti.
E quando nel giugno del 2006, l'anno delle Olimpiadi invernali, Torino ebbe l'onore di ospitare il Pride nazionale, seppe trasformarla in una grande occasione di dialogo e confronto con tutta la cittadinanza, seppe costruire un anno di iniziative collaterali che accompagnarono quella manifestazione e seppe accogliere i manifestanti con un sentimento di orgoglio condiviso dalla maggioranza dei suoi cittadini.
Non è un caso che le recenti parole espresse dall'Arcivescovo di Torino Mons. Nosiglia nei giorni scorsi in cui si ribadiva la volontà di dialogare da parte della Chiesa cattolica torinese con la comunità omosessuale, si richiamassero proprio all'esperienza e al dialogo nati in occasione del percorso di quel Pride. I semi del dialogo seminati allora stanno dando frutti a distanza ormai di 5 anni.
È quindi con questo stesso spirito che mi sento di dirvi che se l'Italia, il paese che vi ospita, si è di fatto posta su questi temi come la Capitale del Clash, dello scontro, Torino vuole invece essere la Capitale del Dialogo sui diritti. E lo rivendica con orgoglio. Perché è solo dal dialogo, dal contrasto dell'ignoranza, dal superamento dei pregiudizi che può venire un avanzamento nei diritti per tutti.
Per questo mi auguro che queste giornate di lavoro che vi accingete ad affrontare siano proficue non soltanto per voi, ma per tutti noi e possano darvi i frutti sperati. Così come mi auguro che la nostra città sappia offrirvi l'ospitalità e l'accoglienza che meritate e che al vostro ritorno possiate conservare di Torino un ricordo piacevole.
Benvenuti a Torino, quindi, care delegate e cari delegati, e buon lavoro. Perché è anche dal vostro lavoro, dalla vostra passione e dal vostro impegno che potrà crescere in futuro un'Europa migliore per tutti.